Chiesa di S. Giorgio – Nebbiuno

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Le prime notizie relative all’esistenza della Chiesa di San Giorgio in Nebbiuno risalgono al 1380; tuttavia, alcuni atti basso medievali successivi attestano concordemente l’antica presenza della venerazione di San Giorgio in Nebbiuno. È quasi certo che una preesistente edicola dedicata al Santo (presumibilmente risalente all’epoca tardo feudale precedente all’anno 1000), sia stata l’origine cultuale promotrice dell’edificazione della Chiesa di San Giorgio nel XIV secolo.

L’erezione a Parrocchia della Chiesa di San Giorgio risale ai primi anni ottanta del XVI secolo (presumibilmente nel 1580-1581), i registri parrocchiali partono dal 1582. Gran parte della documentazione antica relativa alla fabbriceria della Chiesa di San Giorgio è lacunosa o compilata solo parzialmente, ciononostante è visibile un’intensa attività della veneranda fabbriceria durante il XVI, XVII e il XVIII secolo, periodo a cui risalgono sia gli interventi strutturali di ampliamento nell’originale edificio basso medievale, sia operazioni di decoro e arredo nelle suppellettili, negli altari laterali e nel complesso dell’Altar Maggiore. Al 1705 risalgono le prime Reliquie radunate per la venerazione pubblica. Nel 1729 l’antico edificio venne aperto sui lati e vennero ricavate le due ali laterali, con relative volte; furono eretti gli Altari di Santa Maria Maddalena (oggi del Divin Crocifisso) e di San Giovanni Battista (oggi della Madonna). L’Altar Maggiore, in marmi fiammati policromi venne realizzato nel 1780 da Gabriele Longo, marmorino di Viggiù. Il pulpito venne realizzato alla fine del XVIII secolo. Nel 1817, la Parrocchia di San Giorgio, attraverso una bolla di Papa Pio VII, si distaccò dalla Diocesi di Milano; nel 1818, l’allora Vescovo di Novara, Cardinal Morozzo, decretò la celebrazione del Rito Romano.

La facciata esterna dell’edificio, in stile neoclassico venne realizzata nell’Ottocento, sovrapponendosi alla struttura in pietra e laterizi di epoca barocca. Nel 1933 venne ricavato il piazzale antistante la Chiesa di San Giorgio, abbattendo la vecchia casa parrocchiale. La devozione verso San Giorgio in epoca barocca subì a Nebbiuno un’inflessione; fu allora affiancata a quelle per la Santa Croce e per il Santissimo Rosario. Ad oggi le tre venerazioni sono sentite e praticate.

Oratorio della Madonna della Neve

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Eretto all’inizio del XVII secolo su un luogo paludoso detto “Tragolo”, l’edificio, voluto come cornice di un tabernacolo mariano cinquecentesco, venne rimaneggiato strutturalmente durante il XIX secolo, quando furono realizzati gli arredi marmorei interni, ancora oggi visibili.

La facciata esterna, espressione colonica dello stile rinascimentale lombardo, propone un sobrio dialogo che alterna pietre a vista, utilizzate quali decorazioni, e muri intonacati; sono incluse e visibili nella muratura antiche chiavi architettoniche.

All’interno, la volta, a campata unica, presenta una netta separazione di linguaggio stilistico tra la zona soprastante alla navata e quella soprastante al presbiterio. La copertura della navata è costituita da vele bianche barocche disposte a crociera; l’impiego di questo elemento è teso ad annullare la pesantezza della struttura sottostante a favore di un senso di leggerezza e di spazio. Il soffitto del presbiterio (che occupa circa un terzo dell’edificio), è a botte.

Oggi è visibile nella sua foggia neoclassica ottocentesca: un finto soffitto a cassettoni marmorizzato bianco con motivi floreali in stucchi dorati (ispirati agli interni di Bramante) ricopre tutta la superficie curva della volta, ricorrendo anche a giochi di correzione ottica (trompe l’oil).

Sul transetto che interseca l’Arco Maggiore è collocata orizzontalmente una trave barocca, in legno policromo di fattura lombarda, appoggiata su angeli. Quest’elemento architettonico costituisce la base su cui poggia un crocifisso di gusto spagnolo-milanese secentesco,  espressione devozionale e cultuale di gusto pietista e confraternale.

Oratorio dei Santi Nazario e Celso

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Il complesso religioso, oggi visibile, dei Santi Nazaro e Celso, in Corciago, è il risultato di più interventi succedutisi durante i secoli. La facciata esterna, risalente al tardo XVIII secolo, fu realizzata secondo un gusto eclettico spagnolo-piemontese caratterizzato dalla sovrapposizione allo stile neoclassico di citazioni barocche. Nella parte sinistra dell’edificio (presso la zona absidale esterna all’impianto dell’attuale navata), è visibile una porzione semicircolare, in pietra squadrata e finestra-feritoia, appartenente all’antica e primitiva chiesa, in stile longobardo-preromanico ascrivibile all’VIII secolo.

Questa struttura costituisce attualmente una volumetria secondaria poggiante sul muro maestro perimetrale del gruppo architettonico principale. Sul muro interno della struttura alto medievale si trovano sovrapposti tre cicli di affreschi realizzati tra il XII e il XV secolo; di particolare interesse, oltre che di fattura pregevole, risultano la raffigurazione duecentesca, (di gusto carolingio e di probabile scuola franca), di un santo in abito giallo e rosso, e quella quattrocentesca milanese di Santo Stefano con palma del martirio. All’interno, l’alta volta a campata unica, sviluppa nella navata quattro vele candide che poggiano su di un impianto barocco intrecciante le geometrie del cerchio (riferimento a Dio) e del quadrato (riferimento all’essere umano e al mondo). Nella navata, inoltre, sono visibili otto finte colonne lesenate che terminano con capitelli barocchi compositi in gesso. La struttura comprendente il soffitto del presbiterio, realizzato a cupola (poggiante su quattro rastremazioni di una base quadrangolare), e il sottostante presbiterio quadrato, rimanda anch’essa all’insegnamento dottrinale della presenza di Dio nel mondo.

La cupola sopra l’Altar Maggiore riporta la raffigurazione di un trionfo celeste e del Cristo in Ostia; il complesso pittorico si ispira, citando manieristicamente, i linguaggi lombardi secenteschi di Procaccini e del Morazzone. Sull’Arco Maggiore, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, adeguandosi alle disposizioni dottrinali previste dalla Congregazione per la propaganda della Fede (durante i pontificati di Leone XIII, San Pio X e Benedetto XV), venne posta, in un cartiglio circolare azzurro, una citazione di un passo sacro.

Chiesa di S. Leonardo – Tapigliano

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La Chiesa di san Leonardo si eleva su un poggio e dal sagrato si apre un panorama amplissimo.

Il complesso religioso, oggi visibile, di San Leonardo, in Tapigliano, è il risultato di più interventi, e ampliamenti, succedutisi durante i secoli.

La facciata e l’angolo orientale, parti ancora rimanenti della struttura originale, risalente all’inizio del XII secolo, sono in stile romanico.

Il portone è sovrastato da una cornice a tutto tondo addentrata e chiusa in cima da una chiave di marmo scuro (teologicamente simbolo del Mistero di Cristo).

Sull’angolo destro della facciata sono visibili due semisfere sporgenti dalla pietra: verosimilmente si tratta di antichi elementi decorativi smontati da un precedente edificio.

Il portico a due colonne e la parte superiore della facciata, in stile neoclassico, risalgono agli interventi degli anni venti dell’Ottocento. Tra il XIX e il XX secolo la Chiesa di San Leonardo subì numerosi rimaneggiamenti strutturali: nel 1821 furono aggiunte la Cappella del Santissimo Crocifisso e la Sagrestia Nuova, nel 1828 fu completato il portico, nel 1836 fu ampliato il presbiterio, nel 1841 fu terminato il campanile, nel 1863 fu posta la Cappella della Madonna del Carmine, nel 1891 fu ampliata la Sagrestia, nel 1911 fu sistemato il retro del Battistero, nel 1932 fu aggiunta l’aula degli uomini e venne aperta una finestra semicircolare sopra il confessionale, nel 1937 venne arretrato l’Altar Maggiore, furono sistemate le balaustre e vennero posti pavimento e bussola del portone.

Chiesa di S. Agata – Fosseno

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Sebbene risulti che le prime testimonianze di vita religiosa e cultuale a Fosseno risalgano al XIII secolo, il nucleo originario dell’attuale Chiesa di Sant’Agata fu verosimilmente edificato durante la prima metà del XIV secolo.

Dopo l’erezione della Parrocchia di Sant’Agata, distinta da quella di Ghevio (13 marzo 1572), e i successivi moniti, da parte dell’autorità vescovile di Novara, riguardo l’adeguamento del vecchio edificio di culto (fine del XVI e l’inizio del XVII secolo), il complesso devozionale fu ampliato strutturalmente attraverso più fasi succedutesi per oltre un secolo e mezzo.

Nel 1618 venne aperta la Loggia della Madonna del Rosario che, l’anno successivo, fu integrata con il quadro dei quindici Misteri, nel 1680 venne terminato il coro, nel 1682 fu completata la prima arcata e venne eretto l’Altare della Madonna del Rosario, nel 1683 furono eretti l’Altare di Santa Lucia, l’Altare del Santissimo Crocifisso e di Sant’Agata e fu ultimata la seconda arcata, nel 1685 fu aperta la Sagrestia ed edificato il campanile, nel 1686 venne realizzata l’ultima arcata, nel 1687 fu terminata la facciata, nel 1689 furono donati il Reliquiario (in legno dorato e laccato) a busto di Santa Fausta e le statue in legno policromo dei Profeti Malachia e Isaia, nel 1694 fu edificata la Cappella del Santissimo Crocifisso con colonne tortili in legno laccato; a questo periodo risale anche la dotazione degli angeli-portacandele di fattura barocca lombarda. Nel 1706 si aggiunsero i Reliquiari a busti dei Santi Prospero e Giustina, nel 1721 fu realizzato il quadro della Pentecoste, a grande lunetta, che campeggia sopra il coro; tra il 1753 e il 1766 furono poste le balaustre dell’Altar Maggiore e della Cappella del Santissimo Crocifisso e Sant’Agata. Nel 1771 fu inserita, nel paliotto dell’Altar Maggiore, la formella, in marmo bianco, del martirio di Sant’Agata. Tra il 1904 e il 1910, il pittore Giuseppe De Giorgi affrescò la navata; la facciata esterna venne affrescata, invece, nel 1943 da Pietro Gaddia.

Chiesa dell’Immacolata Concezione di Maria Vergine – Colazza

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Eretto tra la fine del XVI e l’inizio della chiesa dell’Immacolata Concezione di Maria Vergine XVII secolo, il piccolo edificio originale fu concepito come Oratorio a cornice di un affresco raffigurante la Madonna con Bambino e San Grato, attribuibile a Gaudenzio Ferrari (o alla sua scuola). Da quest’affresco ne derivò l’antica titolatura del complesso sacro: i documenti lo identificano come Oratorio della Beata Vergine Maria e di San Grato. Nella seconda metà del XVII secolo, la struttura subì i primi interventi di ampliamento: tra il 1675 e il 1684 venne realizzato un prolungamento della navata di forma ottagonale; tra il 1684 e il 1698 furono aggiunti la Sagrestia, un ripostiglio e un portico all’entrata.

Il 23 aprile 1749, in seguito al frazionamento dalla Parrocchia di Ghevio, l’Oratorio assunse il titolo di Parrocchia e poté godere del diritto di campanile (i primi documenti che attestano la presenza del campanile risalgono al 1783). Agli ultimi anni del XVIII secolo è attribuibile la realizzazione della cornice, in marmi policromi rossi e stucchi, attorno all’Ancona sacra raffigurante la Beata Vergine con Bambino e San Grato, situata ora sulla parete ovest del Presbiterio. Nel 1833 la Chiesa della Beata Vergine fu soggetta a un secondo ampliamento strutturale: dopo aver demolito una parte del secentesco ottagono, venne aperta una navata rettangolare, su schema a croce latina, e aggiunte le due Cappelle laterali dei Santi Antonio ed Eurosia e del Santissimo Crocifisso. Allo stesso anno risalgono anche l’avanzamento del portico a due colonne e la realizzazione dell’Ossario esterno. Il Presbiterio e l’Altar Maggiore vennero collocati nella parte rimanente di ottagono.

Dopo il 1833 fu realizzato il barocco Altar Maggiore in marmi policromi fiammati rossi, neri e gialli (riferimenti cromatici alla cristologia). In quell’anno il corpo centrale di quest’Altare fu destinato all’Altare Maggiore dell’Oratorio di San Bernardo, mentre il corpo centrale dell’Altar Maggiore dell’Oratorio di San Bernardo venne piazzato come cuore dell’Altar Maggiore della Chiesa della Beata Vergine Immacolata. Sebbene caratterizzate da volute barocche, in stile Luigi XV, le balaustre in marmi policromi nero, rosso e giallo risalgono all’inizio del XIX secolo; originariamente poste all’entrata delle Cappelle laterali, furono ricollocate nel Presbiterio quali supporti della Sacra Mensa e divisorio dell’ambone durante il XX secolo. Al 1833 risale anche la realizzazione della facciata esterna in puro stile neoclassico; un elegante timpano triangolare, in cui è dipinta Maria Vergine Immacolata, è sorretto da quattro colonne a lesena e relativi capitelli di citazione dorica.

Le finte colonne sono riprese, in scala, ai lati dell’entrata. Le pitture della volta vennero realizzate, nel 1850, dai fratelli Francinetti di Gignese; le decorazioni delle pareti della navata (risalenti al XX secolo) invece vennero eseguite da P. Gaddia. Gli interventi di ampliamento e risistemazione della struttura, succedutisi nei secoli, offrono alla vista un insieme armonico, ma ben distinguibile nelle sue fasi successive. Il complesso religioso della Chiesa della Beata Vergine e San Grato presenta nella zona del Presbiterio un impianto architettonico in stile barocco-classicheggiante, mentre nella zona della navata è chiaramente riscontrabile lo stile neoclassico piemontese.

Oratorio di S. Bernardo – Colazza

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Il complesso religioso, oggi visibile in Colazza, di San Bernardo, è il risultato di più interventi succedutisi tra il XIV e il XVII secolo. Edificato su due livelli (uno, più alto, destinato al Presbiterio e uno sottostante destinato all’assemblea), il nucleo originario, di fattura tardo-romanica, fu eretto durante il XIV secolo; diverse fonti storiche riportano che nella navata dell’Oratorio campeggiasse un unico altare, in pioppo, dedicato a San Bernardo da Mentone.

Nel 1662 furono ampliati il coro e il campanile. Solo a partire dal 1676 si ha traccia dell’esistenza di due Altari distinti: il maggiore dedicato a San Bernardo da Mentone, il secondo dedicato a San Grato. Nel Settecento, in seguito al passaggio e all’apostolato dei Carmelitani nel Vergante, questo secondo Altare fu titolato a San Giuseppe (Santo particolarmente venerato dall’Ordine Carmelitano).

Nel 1698 l’Altare in pioppo fu sostituito con un Altare in marmo fine macchiato; al medesimo anno risale anche il quadro raffigurante San Giuseppe con Bambino e la Vergine. Durante il XVIII secolo la volta della navata, originariamente in mattoni, venne rifinita a vele a crociera.

Nel 1714 l’Altar Maggiore di San Bernardo fu sostituito con un altare in marmi policromi neri e rossi. Il corpo centrale di questo Altare barocco si trova ora nell’Altar Maggiore della Chiesa Parrocchiale, mentre quello originariamente posto nell’Altar Maggiore della Chiesa Parrocchiale costituisce attualmente il cuore dell’Altar Maggiore dell’Oratorio di San Bernardo; la sostituzione dei due corpi centrali avvenne dopo il 1836. Al XVIII secolo risalgono sia la fattura della statua in legno policromo di San Bernardo che soggioga il demonio, sia l’apertura del portico a colonne con triplice volta a crociera. Dello stesso periodo è la pittura murale, raffigurante San Bernardo, posta nella lunetta sopra la porta d’ingresso dell’Oratorio.

Nel 1776 e nel 1886 furono aggiunte due campane. Al XIX secolo risale l’assetto neoclassico sopraelevato della facciata. Durante il XX secolo la volta, in forte stato di degrado, venne ridipinta con grottesche floreali rosa e verdi a finto stucco; inoltre fu acquistata la Via Crucis in legno (artigianato della Val Gardena). La struttura del Presbiterio e la relativa volta costituiscono un elemento dottrinale: le pareti del Presbiterio delineano un quadrato (simbolo del mondo), dalle estremità superiori delle pareti si innalzano otto fasce rastremate (richiamo al Battesimo); le fasce convergono in un cerchio (simbolo di Dio)

San Bernardo – Patrono delle genti di montagna
Breve profilo storico, culturale e iconologico, a cura di don Alfredo Fomia – anno 2015-2016
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Chiesa di S. Eusebio – Pisano

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La parrocchiale dedicata a Sant’Eusebio e ai Santi Maccabei (fratelli martiri dell’antica Giudea) sorge nel centro dell’abitato.

Originariamente di piccole dimensioni, la chiesa subì continui ampliamenti, il primo (e il più importante) nel 1567, quando la chiesa ottenne da San Carlo Borromeo il permesso di rendersi indipendente da Nebbiuno.

La chiesa parrocchiale di Pisano sorge nel centro dell’abitato ed è dedicata a sant’Eusebio, primo vescovo di Vercelli, e ai santi Maccabei (sette fratelli martiri dell’antica Giudea). Originariamente di piccole dimensioni, subì continui ampliamenti. Il primo (e più importante) fu nel 1567, quando san Carlo Borromeo volle che Pisano si rendesse indipendente da Nebbiuno e che la chiesa diventasse parrocchia.

La chiesa si presenta oggi in forme barocche; la facciata è preceduta da un pronao aggiunto nel 1767 che ospita il vano con l’organo. L’affresco seicentesco è dedicato alle tre virtù teologali. Sotto l’androne del campanile sono venuti alla luce i resti dell’antico oratorio; sotto la pavimentazione interna diverse sepolture. All’interno si presenta a croce latina ad ambiente unico e tre cappelle. La prima di sinistra ospita il fonte battesimale; la seconda, a lato del pulpito ligneo, accoglie l’altare dedicato alla Madonna del Rosario, il cui simulacro è affiancato dalle statue dei santi Sebastiano e Rocco; la terza è dedicata al patrono sant’Eusebio.

Numerose sono le decorazioni, risalenti a diverse epoche. Sui muri laterali, gli affreschi realizzati da Luigi Morgari: l’Immacolata Concezione e il Sacro Cuore di Gesù. L’unica traccia dell’oratorio medievale visibile all’interno della chiesa consiste in un prezioso frammento d’affresco raffigurante volti femminili, forse parte di una “Madonna della Misericordia” e opera di artista anonimo della prima metà del XIV secolo che sembra riprendere il linguaggio innovativo e peculiare del Maestro di Oropa. L’altare è stato realizzato in marmo locale nel 1839. Alle sue spalle si ammira un affresco raffigurante sant’Eusebio che dovrebbe risalire al 1762. Le volte sono state decorate da Luigi Mazzucchelli di Vigevano tra il 1856 e il 1859. L’originaria illuminazione naturale è stata modificata dalle vetrate poste sui lati nel 1930 per volere del professor Pivetti di Torino.